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Oggi parliamo di un prodotto che è davvero difficile non avere in casa, nonostante non si tratti di un bene alimentare di prima necessità. Parliamo della pila (o batteria), senza la quale i nostri orologi, sveglie, piccoli elettrodomestici, computer e smartphone, torce d’emergenza e molto altro ancora, non potrebbero funzionare.
Iniziamo con una piccola curiosità, è corretto dire pila, o meglio, usare il termine batteria? Entrambi indicano un componente elettrico capace di fornire energia elettrica, ma si distinguono per il fatto che le pile hanno una disposizione delle diverse celle galvaniche in verticale (una sopra l’altra), mentre le batterie hanno una disposizione delle celle in orizzontale (una di fianco l’altra). Il termine pila viene utilizzato anche per indicare le celle galvaniche usate singolarmente (come nel caso delle pile stilo, quali le AA, AAA, ecc..), mentre il termine batteria viene utilizzato anche per indicare una fonte energetica di corrente elettrica costituita da più celle galvaniche distinte tra loro e non fisicamente unite e vincolate tra di loro, come nel caso di “pacchi batteria”.
Le origini della pila
Fu Alessandro Volta nel 1799 (riprendendo gli studi di Luigi Galvani sulla corrente elettrica) a riuscire a realizzare la prima pila (zinco-rame). Volta presentò la sua creazione all’Institut National des Sciences et Arts, in tre sedute, il 7 il 12 e il 22 novembre del 1801, cui volle assistere anche Napoleone Bonaparte. Il quale gli assegnò, il 12 dicembre dello stesso anno, la medaglia d’oro. Il giorno prima il ministro dell’interno della Repubblica Francese gli aveva invece notificato un premio di 6.000 franchi per avere rivelato “il segreto della natura e degli effetti del galvanismo”. Nel 1810 sempre Napoleone lo insignì del titolo di conte, successivamente si ritirò a vita privata, fino al 1827, quando all’età di 82 anni, si spense a Como. L’invenzione di Volta ha visto diverse evoluzioni nel tempo. I primi miglioramenti (nel voltaggio e nella sicurezza) furono apportati con la pila Daniell (nel 1836). Successivamente nel 1838 fu creata la pila Grove, più potente della precedente e utilizzata negli anni 1840-1860 per fornire energia ai telegrafi americani. Questa tipologia di pile venne presto abbandonata a causa della sua tossicità (in quanto libera fumi di diossido di azoto).
Nel 1840 è la volta della pila di Bunsen: la versione ‘low cost’ della pila di Grove (perchè utilizzava un catodo a carbone al posto del costoso catodo di platino della pila di Grove). Anche questa tipologia di pila però sviluppava diossido di azoto, un gas rossastro e tossico. Nel 1886 la prima grande svolta: il medico e inventore tedesco, Carl Gassner, brevetta una pila a secco (zinco-carbone) contenente pasta elettrolita al posto della soluzione acquosa, permettendo così di renderla facilmente trasportabile e consentendone la produzione in serie (con grande successo commerciale). Nel 1942 l’inventore americano Samuel Ruben ideò la batteria al mercurio, in modo da sostituire la pila zinco-carbone. La commercializzazione iniziò nel 1957, sotto il nome di pila Ruben-Mallory. A causa però della tossicità del mercurio, dal 1990 ne fu vietata la produzione. Negli anni ’50 arrivarono diverse novità: oltre alla commercializzazione della pila al mercurio, ci fu l’invenzione della pila alcalina (da parte del chimico canadese Lewis Urry) e della pila a combustibile a idrogeno e ossigeno, con elettrolita alcalino (dall’ingegnere britannico Francis Thomas Bacon). Nel 1970 vengono realizzate le prime batterie non ricaricabili al litio in piccola forma (tipicamente a bottone), da compagnie americane e giapponesi, e utilizzate ancora oggi su tantissimi apparecchi elettronici (come calcolatrici, telecomandi per auto, orologi, pacemakers e altri..).
Pile secondarie o batterie ricaricabili
La prime batterie ricaricabili (o accumulatori), furono ideate nel 1859 dal fisico francese Gaston Planté: si tratta, nello specifico, delle comuni batterie utilizzate per le automobili. Da quel momento sono state create diverse tipologie di batterie ricaricabili e ad oggi la sperimentazione continua a pieno ritmo. Le batterie ricaricabili che troviamo normalmente in commercio, si distinguono principalmente in base ai prodotti chimici contenuti, oltre che per il formato. Ogni tipologia di batteria ricaricabile è adatta e utilizzata per un particolare scopo. Ecco le principali tipologie di batterie ricaricabili
-Accumulatore al litio-ferro-fosfato: è un tipo di batteria ricaricabile ideata nel 1996 da John Goodenough e dal suo team di ricerca presso l’Università del Texas. Viene utilizzata principalmente su automobili ibride, ma anche sulle biciclette con pedalata assistita e nei motorini elettrici.
-Batteria al litio: anche questa è stata ideata dal gruppo di ricercatori universitari guidati dal prof. John Goodenough ed è stata commercializzata per la prima volta dalla Sony intorno al 1991. Sono utilizzate principalmente su prodotti di elettronica, come alimentatori per telefoni cellulari e PC portatili di ultima generazione. Una variante di questo tipo di batteria è quella al litio ione-polimero: molto potente e più leggera, è utilizzata per alimentare la maggior parte dei dispositivi elettronici moderni, anche se ha una vita leggermente più corta rispetto a quella della comune batteria al litio.
-Batteria al nichel-cadmio: è stata un tipo di batteria molto utilizzato fino al 2006, quando una direttiva CEE ne ha vietato l’uso a partire dal 1° luglio dello stesso anno.
-Batterie al nichel-metallo idruro: dopo il divieto di utilizzo delle batterie al nickel-cadmio, è stata creata una variante al nichel-metallo idruro (eliminando quindi il cadmio, il principale metallo inquinante), molto utilizzate in ambito domestico su apparecchi come telefoni cordless, cellulari e videocamere digitali. Le sue piccole dimensioni la rendono estremamente leggera e potente.
Differenza tra batterie al litio e al nichel-metallo idruro
Le batterie ricaricabili al nichel-metallo idruro (rispetto a quelle al litio), sono soggette ad un “effetto memoria” (lazy battery). Viene chiamato così, perchè se sono sottoposte a ricarica prima che siano completamente scariche, questo tipo di batterie tendono a ricaricare soltanto la quantità di energia scaricata. Ad esempio, se una batteria al nichel-metallo idruro è sottoposta a ricarica dopo essere stata utilizzata al 60%, il restante 40% della batteria non è ricaricato. Continuando a caricare la batteria nonostante essa non sia stata prima scaricata completamente, si avrà una diminuzione sempre maggiore della sua capacità di carica e, di conseguenza, una diminuzione della sua efficienza. Per ovviare a questo problema, basta effettuare uno scaricamento completo e una ricarica della batteria almeno una/due volte al mese. Oppure, dove possibile, preferire l’utilizzo di batterie al Litio, che non sono soggette a queste problematiche.
Durata e tempi di ricarica delle varie tipologie di batteria
Di seguito il tempo medio di ricarica e la durata (ciclo di vita), delle più utilizzate batterie ricaricabili (escludendo quelle per auto).
-Batterie Nichel-metallo idruro (Ni-MH): hanno un tempo di ricarica che varia dalle 2 alle 4 ore e una durata di 300-500 cicli di ricarica. Questo tipo di batterie sono soggette a parziale “effetto memoria” (spiegato poche righe sopra).
-Batterie alcaline: hanno un tempo di ricarica che varia da 1 a 16 ore (in base alla sua capacità) e una durata di circa 100 cicli di ricarica.
-Batterie agli ioni di Litio (Li-ion): hanno un tempo di ricarica che varia dalle 2 alle 4 ore e una durata che varia tra i 500 e i 1.000 cicli di ricarica.
-Batterie agli ioni di Litio-polimero (Li-Po): hanno un tempo di ricarica che varia dalle 2 alle 4 ore e una durata tra i 300 e i 500 cicli di ricarica.
Pile a marca commerciale
Oltre le marche più diffuse (Energizer, Duracell, Panasonic, Varta, Beghelli..), tra gli scaffali di super e ipermercati, sono disponibili anche quelle con il nome del distributore (Auchan, Carrefour, Conad, Coop, Esselungs etc. etc.), normalmente vendute ad un prezzo più basso e in alcuni casi in confezioni con un numero elevato di batterie all’interno. Vediamo le principali
Batterie Auchan (alcaline/ricaricabili in vari formati): prodotte in Cina e importate da Auchan SNC OIA (Import Export Auchan)
Batterie Carrefour (alcaline/ricaricabili in vari formati)r: prodotte in Cina ed importate da Carrefour Spagna.
Batterie Conad (alcaline/ricaricabili in vari formati): prodotte da CEGASA Italia Srl.
Batterie Coop (alcaline/ricaricabili in vari formati): prodotte in Cina e importate da C.N.N.A. (Prato)
Batterie Esselunga (alcaline/ricaricabili in vari formati): prodotte in Belgio per Esselunga.
Smaltimento delle pile esauste
Vista la quantità di sostanze inquinanti presenti nelle pile, particolare attenzione va fatta nello smaltimento delle stesse. Ogni anno circa 800.000 tonnellate di batterie per auto, 190.000 tonnellate di batterie industriali e 160.000 tonnellate di pile portatili (di cui 30% ricaricabili) vengono immesse sul mercato nella Unione Europea. Le batterie non possono essere smaltite insieme ai rifiuti domestici e i consumatori sono legalmente obbligati a restituire le batterie usate. Ad oggi purtroppo sono ancora in molti a gettare le pile usate tra i normali rifiuti domestici, senza rendersi conto del danno che si arreca all’ambiente che ci circonda. Basta davvero poco in fondo, per non inquinare: si possono infatti restituire gratuitamente le batterie usate presso il punto vendita dove sono state acquistate (le grandi catene di elettronica e molti negozianti dispongono già di appositi contenitori all’interno della propria area di vendita) o semplicemente presso un centro di raccolta nella propria zona. Le batterie contenenti materiali pericolosi sono contrassegnate con il simbolo di un bidone con le ruote (vedi immagine a sx) e vicino é riportato anche il simbolo chimico della sostanza inquinante (ad es: Cd sta per Cadmio o Pb per Piombo o Hg per Mercurio). Dove possibile, preferire sempre l’acquisto di pile ricaricabili, utilizzabili fino a mille volte rispetto a quelle tradizionali.