Le abitudini carnivore dell’uomo sono «relativamente» recenti. La dieta dell’uomo preistorico lo testimonia, perché alla carne cotta il nostro antenato ci è arrivato «solo» 500.000 anni fa.
Dire quindi che all’inizio eravamo vegetariani è una forzatura della storia.
Il pesce, la carne, le uova sono alimenti caratterizzati dall’alto tenore proteico, indispensabile per la crescita e il mantenimento di tutti i tessuti dell’organismo.
Quelle che maggiormente troviamo a disposizione per la nostra alimentazione sono carni di manzo, vitello, maiale, meno quelle di agnello, montone, cavallo, frattaglie, cacciagione.
In crescente aumento è l’offerta di carni «alternative» di pollo, tacchino, coniglio e simili.
Qualità della carne
La carne è un alimento ben digeribile, fonte di proteine nobili perché ricche di amminoacidi indispensabili o «essenziali» per la costruzione programmata della cellula.
La carne bovina in particolare, che è poi più diffusa, presenta un equivalente energetico, cioè produce 1,3 calorie per ogni grammo (considerando che contiene circa il 70% di acqua)! Peraltro quando l’equivalente energetico è in eccesso rispetto al fabbisogno di proteine dell’individuo, la carne sviluppa una quota di calorie che consumano energia, senza accumulare grasso nel corpo. Per cui si può affermare che la carne non ingrassa.
La qualità della carne, non da un punto di vista commerciale (che ha criteri diversi da quelli nutrienti, contenuti, peraltro, da tutta la carne, senza distinzione di «parti o di taglio»), dipende dalla salute dell’animale, dal tipo di nutrizione a cui è stato sottoposto, dalla vita condotta nella stalla o nell’allevamento, dalla crescita più o meno forzata, «chimicizzata» e programmata, voluta dai suoi allevatori.
Si tratta di elementi che i consumatori non possono ricavare da nessun indizio o segnale esterno.
Altri pregi della carne
Il gusto della carne, derivante da due componenti, il glutammato e la creatinina, mantiene regolato il suo consumo, dando il giusto senso di sazietà (a differenza dei dolci, per esempio, che invitano e stimolano a mangiarne in gran quantità).
Per la loro digeribilità, i composti proteici sono assorbiti a una velocità di «sicurezza»: più lentamente degli zuccheri (rapidamente assorbiti, ma facilmente convertiti in grassi) e più rapidamente rispetto ai grassi (lentamente assorbiti, ma smaltiti altrettanto lentamente con il rischio di «insudiciare» i tessuti).
Per riconoscere la «bontà» e la «qualità» della carne non ci si può basare sul colore (dovuto alla mioglobina che fissa l’ossigeno e diventa grigia se scaldata oltre i 70t), né sulla tenerezza (che dipende dalla giusta frollatura, dall’età dell’animale, dal tipo di fibre muscolari, dalla posizione del taglio).
Gravi equivoci alimentari si consumano in Italia, caso quasi unico al mondo, a proposito del vitello, un animale da latte preferito al vitellone o al manzo (finisce anche negli omogeneizzati pensando erroneamente che siano così più digeribili e nutrienti) .
Per la grande richiesta, questa carne ha tanto maggior valore commerciale, quanto il suo colore è pallido e esangue.
Per avere questa carne di vitello bianchissima, gli animali vengono macellati tra le sei e le dieci settimane di età, ancora lattanti.
Per ottenere un vitello di pregio per il mercato, gli animali sono sottoposti a vere e proprie torture, con una alimentazione da anemia, per evitare la naturale formazione del colore (mioglobina e emoglobina, che ridurrebbero il valore commerciale), composta di solo latte in polvere reidratato e mangimi appositi, evitando accuratamente il ferro, che lascerei> be tracce di rosso nella carne.
Grazie alla biotecnologia, inoltre, in questi anni la zootecnica ha conosciuto sviluppi notevoli, riuscendo a «sfornare» animali di 200 o 250 kg in 4 o 5 mesi, mentre in passato non si arrivava ai 150 kg.
Smentendo una credenza comune, che le vorrebbero migliori, le carni di vitello sono solo prodotti per gli occhi dei consumatori più ingenui, dato che il valore nutritivo e la digeribilità risulta inferiore a quella del manzo, la cui carne contiene meno gelatina.
Carni suine
Le carni suine si differenziano da quelle bovine per il loro colore rosato, l’aspetto vellutato, la grana fine e la consistenza molle e untuosa.
Il grasso è relativamente maggiore, anche se gli allevatori ormai sono capaci di far crescere suini magri e leggeri, ottimi per il consumo diretto della carne (quelli tradizionali si adattano meglio a diventare prosciutto, spalla, coppa, salame), economicamente conveniente e di alto valore proteico, perché, oltre che tenera e saporita, è più ricca di acidi grassi insaturi e quindi più «bilanciata» di quella bovina.
Consigli per gli acquisti
Considerare la carne non per la sua bellezza, la sua tenerezza, la sua masticabilità, ma come un alimento nutriente, e in quanto tale è sempre la stessa cosa, benché filetto, coscia, pancia, punta di petto e così via. Le proteine sono le stesse e nelle stesse percentuali.
Acquistare anche carne di maiale, di cavallo e carni alternative.
Lasciare perdere la carne di vitello e preferirle il coniglio.
Acquistare da produttori italiani. All’estero, vedi il Belgio e la Spagna, i controlli sui residui tossici sono ancora più inefficienti che da noi.
Promuovere associazioni di allevatori che si propongano di allevare in modo naturale e senza infierire sugli animali.
Mangiare anche altri alimenti e inserire nella dieta delle valide alternative alla carne, come il pesce, anche surgelato, le uova, i cereali con legumi, i formaggi.