La carne in scatola, come la margarina, è un prodotto inventato dall’industria alimentare. Veniva distribuita in tempo di guerra ai soldati che non potevano mangiare un pasto caldo. Finita «quella» guerra (si combatte continuamente in qualche parte del mondo ormai) le scatolette di carne avrebbero dovuto scomparire. L’occasione ghiotta, per le industrie alimentari, di usare merce di scarto con iniezioni di sali e aromi presentandola come un alimento, ha introdotto nelle nostre case un «piatto» di emergenza.
La tanto reclamizzata carne in scatola è in realtà della carne di scarto di varia natura annegata in quasi il doppio del suo vero peso in gelatina.
Come conservante può contenere inoltre il nitrito di sodio, assai pericoloso per l’organismo dato che in certe condizioni può favorire la comparsa di composti cancerogeni, le nitrosammine.
Sul sapore della carne in scatola si può evitare di discutere, tutti i gusti sono gusti, ma non si può far credere al consumatore che un prodotto di così bassa qualità e che contiene spesso nitriti sia così salutare. Sarebbe forse passabile senza alcun conservante, con carne migliore e meno brodo nella scatola.
Bolliti a confronto
Mettendo a confronto 1 hg di carne lessa, il bollito della massaia, e 1 hg di carne in scatola si avranno le seguenti sorprese:
— nel lesso casalingo si trovano 90 gr circa di tessuto muscolare, 5 gr di tessuto di scarto e 5 gr di grasso;
— dalla scatoletta invece saltano fuori 40-50 gr di carne, 50-60 gr di gelatina (acqua, miele, ortaggi, aromi naturali, marsala, sale, gelificante: agar-agar, addensante: farina di semi di carrube), quasi 5 mg di nitrati e 1 di nitriti.
Le etichette
La carne in scatola andrebbe verificata attentamente, con lettura meditata degli ingredienti, uno per uno, prima di acquistarla. Al consumatore si dovrebbe comunque comunicare francamente quanto è il peso netto senza il liquido (o solido) di gover-no, in questo caso gelatina e grasso, la data di preparazione dato che viene considerata commestibile per 4 o 5
anni, il tipo di carne e che taglio (manzo, vacca ecc. e spalla, pancia, coda…) è stato usato.
Sotto la lente d’ingrandimento
La suggestione: a me gli occhi a voi la scatoletta
La descrizione normalmente usata dai produttori per il contenuto di una scatola di carne è: «Piatto pronto di carne/i bovina/e in scatola preparata in gelatina». Una bella definizione per mezzo etto o poco più di acqua gelatinosa con della «carne».
Sarebbe interessante sapere invece, come abbiamo detto sopra, quale tipo di carne bovina è stata usata: manzo, vitellone, vacca, toro; quale taglio o parte dell’animale: spalla, pancia, coda; se si tratta di carni nazionali o di importazione, ma queste informazioni non vengono fornite ai consumatori.
Le scatolette che non contengono nitriti sono ovviamente da preferire. Alcune ditte non li usano, ed è quindi ragionevole pensare che
questo additivo, sul quale pesano forti e validi sospetti di tossicità, si possa tranquillamente eliminare, senza mettere a repentaglio la durata del prodotto.
La carne in scatola non viene venduta a buon mercato. La comodità si paga, ma in questo caso si pagano fior di quattrini per il contenitore e l’etichetta e il trasporto e le stampe colorate e la pubblicità senza la quale il prodotto resterebbe sugli scaffali invenduto.
Un prodotto povero di gusto, scadente di qualità, sostenuto solo da ricorrenti e ripetuti spot. Il nostro giudizio negativo su questo prodotto è tuttavia stemperato dalla realistica convinzione che non se ne fa un uso regolare.