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Sai che oggi può essere conveniente sostituire il vecchio con il nuovo? La spesa, infatti, si ripaga con il risparmio sui consumi.
Sì, però come si smaltisce il vecchio senza finirne sommersi? Oggi è la legge a dettare le regole: con doppia garanzia, per chi acquista e per l’ambiente.
In più, designer e tecnici sono chiamati a concepire apparecchi che consumino poco, smontabili e fatti con materie riciclabili. In qualche famiglia resistente ai consumi sono ancora in funzione elettrodomestici risalenti agli anni Settanta.
A volte dalla prima casa sono stati trasferiti nella seconda del mare o della montagna, dove l’uso è saltuario. Più di uno dei proprietari afferma di non volerli sostituire, temendo che un nuovo apparecchio non possa durare così tanto. Ha davvero ragione?
Ma una volta acquistato un nuovo elettrodomestico, quello superato dove va a finire? E che cosa copre esattamente la garanzia di produttore o venditore? Una per una, ecco le risposte a tutti i quesiti: potremo così percorrere tutta la vita degli apparecchi, dal progetto allo smaltimento.
Quanto durano gli elettrodomestici di oggi
Probabilmente, con i nuovi componenti, 30 anni non li reggerebbero. Ma 10-15 sì, e magari anche 20 se la qualità è alta, salvo le solite eccezioni. Una durata non così breve come si è portati a pensare.
I produttori che cosa dicono? C’è chi afferma che i componenti vengono testati per una durata minima di otto anni. Dopo i quali però l’apparecchio potrebbe funzionare per altrettanto tempo.
Da un’indagine svolta dall’Istituto GfK di Trieste nel 2006, risulta che, rispetto ai tre anni precedenti, in Italia il ciclo di vita dei frigoriferi è aumentato fino a una media di 11,1 anni. Altre ricerche europee danno invece una media di 13-15 anni.
Ma se il frigo viaggia 24 ore su 24, gli altri apparecchi, come lavatrice o lavastoviglie, si usano con minore frequenza e quindi la durata può essere maggiore, legata all’intensità d’uso. Una macchina che fa due lavaggi al giorno si logorerà prima di una impiegata per un solo ciclo alla settimana.
Quando è ora di cambiarli
È una domanda frequente, accompagnata da un altro dubbio: vale la pena riparare l’apparecchio quando si guasta? Il piatto della bilancia pende oggi a favore della sostituzione, per due ragioni dettate dalla logica: se la spesa per la riparazione si avvicina a un terzo del prezzo d’acquisto di un nuovo apparecchio, allora è meglio sostituire il vecchio(specialmente se di tecnologia superata); se invece non c’è guasto, ma la macchina ha già compiuto otto-dieci
anni, sostituirla vuol dire risparmiare.
Come ammortizzo la spesa per il nuovo acquisto
Un frigorifero che ha compiuto dieci anni consuma il 60 per cento in più di energia rispetto a uno nuovo; calcolando che sulla bolletta il frigo copre il25-30 per cento del totale da sborsare, il risparmio compensa in breve tempo il costo per l’acquisto.
Così il famoso frigo anni Sessanta e Settanta (ereditato da genitori e nonni), se rappresenta un’icona per lo stile e il ricordo di anni felici, assume disperatamente il ruolo di sprecone. Se non ce la fai a staccartene, crea in casa un angolo “vintage” e usalo come armadietto contenitore.
Il principio di risparmio vale anche per lavabiancheria (meno 44 per cento di energia e 62 per cento di acqua nei nuovi modelli rispetto a dieci armi fa), la lavastoviglie (14 litri di acqua e kWh 1,05 di energia sono i consumi delle ultime macchine), forno (che trovi anche in classe A).
Con il risparmio sui consumi, in parte ammortizzi la spesa d’acquisto, per l’altra parte hai il vantaggio di usare apparecchi con funzioni più evolute, che ti fanno risparmiare tempo (che è denaro, se lo misuri secondo la filosofia di quest’epoca), fatica (a favore specialmente delle donne) e migliori risultati.
Inoltre i nuovi apparecchi, diventati elettronici, sono più facili da riparare e con minore spesa: in caso di guasto, a volte basta sostituire una scheda elettronica, un lavoro facile e veloce. Trovi che siamo un po’ troppo dalla parte dei consumi? Dalla risposta alla domanda che segue troverai la giustificazione.
Leggi questi dati: in Italia sono in funzione circa 50 milioni di elettrodomestici acquistati da oltre dieci anni (di cui 29 sono frigoriferi e congelatori): quasi la metà di tutti gli apparecchi presenti nelle case. Famiglie sprecone? Se si trattasse solo di bollette salate da pagare, niente da dire, ognuno può scegliere come devolvere le proprie risorse finanziarie.
Ma di mezzo c’è ben altro, cioè l’ambiente, con i mutamenti del clima che ci fanno già soffrire (chissà come se la caveranno figli e nipoti), per colpa dell’anidride carbonica che si riversa in cielo nella produzione di energia elettrica.
Il calcolo sull’impatto ambientale degli elettrodomestici è stato eseguito, per ora, su frigoriferi e congelatori (dati di Electrolux): per alimentare quelli in uso in Italia, serve l’energia prodotta da tre centrali elettriche da 640 MegaWatt, che scaricano 6,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2) ogni anno; se tutti i frigo italiani fossero in Classe A+, si risparmierebbe più del 50 per cento dielettricità, equivalente a tre milioni di tonnellate di CO2 in meno all’anno.
Per quanto tempo è valida la garanzia
Quando l’apparecchio si guasta, la prima cosa da fare è controllare se è ancora in garanzia. Quella legale ha la durata di 24 mesi dalla data di consegna, e con il “certificato di garanzia” il produttore si impegna a riparare o addirittura sostituire il bene quando questo, come è scritto sul documento, “non corrisponde alle condizioni descritte, a meno che il difetto sia dovuto a errata installazione, negligenza d’uso, manutenzione eseguita da persone non autorizzate”.
Solo per i primi sei mesi è compreso anche il diritto di chiamata, cioè l’uscita del tecnico, mentre mano d’opera e pezzi di ricambio sono sempre gratuiti.
Attenzione però: gli accessori asportabili, le manopole, le lampade, le parti in vetro e quelle smaltate esulano dalla copertura di garanzia; vuol dire che, se si stacca la maniglia di freezer e frigo, o il frontalino di un cassetto interno, non solo devi pagare l’uscita del tecnico, ma anche il pezzo di ricambio… che ti converrà cercare presso un centro specializzato.
Consiglio: conserva sia il certificato di garanzia sia lo scontrino di cassa (che è bene fotocopiare perché con il tempo si sbiadisce) o la fattura, da presentare al tecnico in caso di riparazione.
Qual è il destino dell’apparecchio dismesso
Le norme RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) uscite dal Ministero per l’Ambiente e attuate a seguito del Decreto 151/05, che coprono l’intero percorso dell’apparecchio, dalla produzione al consumatore finale.
Finalmente si introduce un nuovo concetto, fin’ora poco praticato, che è la “responsabilità del produttore”, il quale è chiamato a incrementare e gestire un sistema di raccolta degli apparecchi a fine vita. Oltre che elettrodomestici, RAEE comprende computer, monitor, TV, radio, prodotti di illuminazione.
Chi sarà responsabile del recupero
Tra i consorzi che nascono per la gestione dei RAEE, riguardo agli elettrodomestici sta per diventare operativo Ecodom, Consorzio Italiano Recupero e Riciclaggio Elettrodomestici; ha il compito di coordinare l’interazione con le piazzole ecologiche nei Comuni, dove saranno convogliati gli apparecchi dismessi, consegnati sia dai punti vendita sia dai singoli cittadini.
I consorzi dei produttori saranno competenti per il prelievo, attivando accordi per trasporto e riciclo con imprese specializzate, sostenendone le spese. Così, per legge, i produttori si sostituiscono ai Comuni nella gestione-smaltimento-riciclaggio di questo tipo di rifiuti.
Quanto costerà ai consumatore l’operazione smaltimento?
Già, come sempre niente è gratuito; il consumatore deve prepararsi a versare un “eco-contributo” che verrà applicato su tutti i prodotti nuovi: a volte dichiarato a parte, oppure nascosto nel prezzo finale del prodotto (ma la legge dice che non deve generare alcun profitto, cioè non essere superiore ai costi totali delle procedure).
Oggi si stimano circa 20 euro di contributo per frigoriferi e congelatori, 7-8 per lavatrici, lavastoviglie, cappe eccetera, ma Ecodom sta lavorando per una riduzione.
Dove sono le piazzole ecologiche? Ecodom afferma che ne esistono a sufficienza, AIRES (e qualche produttore) dice di trovarsi in difficoltà. Come sempre le nuove procedure stentano ad avviarsi. Gli impianti attivi per il riciclo dei RAEE sono invece già 40.
Quali i vantaggi per l’ambiente
In un’epoca che verrà ricordata per la mole dei rifiuti prodotti, questa normativa ha sapore di speranza. Ogni cittadino europeo attualmente produce fra 17 e 20 chili di RAEE ogni anno, con un tasso di crescita del 3-5 per cento.
Il 90 per cento di questi è interrato, incenerito e ritirato senza concetto di pre trattamento e recupero di materie riutilizzabili o addirittura pericolose. Con l’attuazione della legge, eco-piazzole permettendo, si raggiungeranno due vantaggi: limiti all’inquinamento ambientale e recupero di materiali.
Prima di tutto da frigo, freezer, condizionatori verrà recuperato il gas refrigerante che danneggia lo strato di ozono in atmosfera (100 grammi di CFC, contenuto in un frigorifero domestico di vecchio tipo, distruggono tre tonnellate di ozono!).
Una volta messe in sicurezza le componenti pericolose, vengono separati i vari materiali. Triturati con diverse tecnologie, si arriverà a separare i ferrosi, i non ferrosi e le plastiche; con l’obiettivo di ottenere gradi di purezza tali da consentire il reinserimento nel mercato di materie “prime seconde”.
Tutti gli elettrodomestici sono riciclabili?
Quelli datati purtroppo non sempre, o solo in minima parte. Ma la direttiva europea 2002/96/CE, recepita in Italia con il decreto del 2005, per rendere fattivo il riciclaggio degli apparecchi impone anche ai produttori di sfornare apparecchi con una riciclabilità minima del 75 per cento rispetto al loro peso.
Un vero impegno per le industrie, perché oltre a evitare o limitare l’utilizzo di materie pericolose (per esempio piombo, mercurio, cromo esavalente e alcuni ritardanti di fiamma) devono facilitare, al momento del recupero, la separazione dei vari materiali.
Come saranno gli apparecchi da riciclare
Per rendere recuperabile l’elettrodomestico non si può certo improvvisare. Risulta essere invece necessario partire dal progetto. I designer sono i primi a essere chiamati in causa. Devono creare apparecchi con un numero ridotto di materiali, meglio se omogenei tra loro, e con componenti facili da smontare.
Non sono pochi i prodotti di ieri, anche se di alto design, che ai test attuali risultano difficili da smontare e quindi da recuperare. Già prima dell’entrata in vigore della nuova legge, c’è invece qualcuno che da tempo osserva questi principi.
Un esempio è il gruppo svedese Electrolux (in Italia con i marchi Rex, AEG, Zoppas, Zanussi), che ha fatto del rispetto ambientale una vera filosofia produttiva, coinvolgendo tutta la filiera, secondo il principio dell’approccio olistico, a partire dalla fabbrica (controllo delle emissioni e consumi limitati), per proseguire con progetto, costruzione, trasporto, riducendo al minimo l’impatto ambientale (l’obiettivo è conquistare “l’impatto zero”).
Un esempio: già negli Anni 80 ha introdotto un materiale riciclabile più volte (Carboran) per la vasca delle lavabiancheria, che tra l’altro viene lavorato alla temperatura di 200 gradi anziché 1.200 del ferro; e negli Anni 90 ha sviluppato un gas refrigerante non dannoso per lo strato di ozono, poi impiegato anche da altri produttori.