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Quello che si è perso nei nostri tempi è senza dubbio la coscienza alimentare: il cibo non è una merce come le altre, da sottomettere a logiche di mercato, profitto e scambio. Ciò che mangiamo, l’agricoltura che lo produce, l’ambiente che lo circonda, hanno un ruolo culturale fondamentale che lega le nostre tradizioni, la nostra storia, la nostra salute. È ormai di urgente importanza recuperare il concetto del “buon senso” alimentare: facciamo attenzione ai prodotti che acquistiamo e consumiamo, valutando attentamente se hanno percorso migliaia di chilometri sprecando energia e inquinando l’aria che respiriamo o se provengono invece da coltivazioni locali; giudichiamo il cibo che compriamo in base alla genuinità e non a valori aggiunti di marketing che ci inducono a comprare prodotti magari attrattivi ma poco genuini, con ingredienti poco sani; inoltre, riflettiamo su quanti chili di imballaggi inutili riempiano le nostre pattumiere. Tutto ciò incide direttamente o indirettamente sull’eco sistema, sulla salute e sulle nostre finanze. Bisogna essere consapevoli che la spesa quotidiana, così come la facoltà di scelta nei nostri acquisti, permette a ciascuno di noi di cambiare le abitudini alimentari anche a livello collettivo. Prendere posizione sul ruolo dei consumatori, privilegiare i prodotti freschi, locali e di stagione, la vendita diretta, o i mercati dei contadini, sono tutte soluzioni a livello locale che riportano la sostenibilità sulle nostre tavole. E nel nostro portafoglio
Comprare Localmente
Fare la spesa a Km 0 vuol dire rifornirsi in mercati dove i prodotti venduti provengono da luoghi vicini, dove il costo del trasporto é minimo e il cibo non ha il sovracosto dovuto all’imballaggio e packaging. I prodotti a “chilometri zero” sono quelli che non subiscono troppe intermediazioni e non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere sulle tavole, evitando di subire i rincari dei costi di trasporto. Acquistare prodotti locali e di stagione facendo attenzione agli imballaggi rappresenta un aiuto per l’ambiente. Significa anche risparmiare perché i prezzi possono essere fino a dieci volte più alti se gli alimenti acquistati hanno percorso lunghe distanze: per trasportare a Roma pesche dall’Argentina (12 mila chilometri in aereo) si consumano 5,4 chili di petrolio per ogni chilo. Consumando prodotti locali e di stagione una famiglia può risparmiare fino a una tonnellata di anidride carbonica in un anno. Comprando un cibo compriamo anche l’acqua e l’energia che sono state necessarie per produrlo, pulirlo e portarlo fino a noi. Questa consapevolezza si è diffusa al punto che ormai sono comparse le prime etichette in cui, oltre al prezzo del cibo e alle calorie, vengono indicati il luogo di origine e i mezzi di trasporto usati. Facendo acquisti direttamente nelle imprese agricole nazionali che vendono frutta, formaggi, vino, olio e salumi, è possibile ridurre di un terzo il costo della spesa mentre il latte fresco è disponibile ad un prezzo ridotto di oltre il 30 per cento nei distributori automatici sparsi su tutto il territorio. Ma la possibilità di fare acquisti di prodotti alimentari convenienti si estende anche ai farmer market (gestiti direttamente da agricoltori che offrono esclusivamente prodotti delle proprie aziende) e alle decine di mercatini partecipati dai produttori agricoli locali. Il consiglio è di acquistare frutta e verdura di stagione che arriva a costare anche dieci volte in meno rispetto a quella importata dall’estero. Un’opportunità viene anche dai mercati all’ingrosso, aperti in orari specifici anche al pubblico, dove le offerte sono a corpo (cassette) e sono piu’ appetibili se effettuate per acquisti collettivi di piu’ famiglie. Inoltre in Italia è nata la prima rete di ristoranti, osterie, gelaterie a chilometri zero che offrono prodotti del territorio. Il progetto ha l’obiettivo di far riconoscere quei locali che utilizzano prevalentemente prodotti locali (vino, olio, salumi, formaggi, latte, frutta, verdura) acquistati direttamente dalle imprese agricole.
Farmer Market
Scegliere l’agricoltura di prossimità fa bene alla comunità, all’economia, all’ambiente. Promuovere e sostenere il legame fra i prodotti agroalimentari e il territorio in cui nascono rappresenta anche la peculiarità di alcune innovative forme di vendita. È già stato sperimentato anche con la diffusione di tre strumenti di contatto fra produttori locali/consumatori. I Farmer Market sono i mercati locali riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli. La loro principale caratteristica è l’assenza di intermediazione fra produzione e consumo e la valorizzazione delle produzioni agricole locali, fondamento della cultura enogastronomica del territorio.
GAS
I GAS – Gruppi di Acquisto Solidale sono un insieme di persone che decidono di condividere l’acquisto all’ingrosso di prodotti alimentari o di uso comune, da ridistribuire tra loro. Hanno nei principi del “localismo” e del consumo consapevole la propria essenza. Sono accomunati da un’identica “filosofia di vita”: la salvaguardia e il rispetto dell’ambiente, del territorio, una sana alimentazione ed una giusta remunerazione del lavoro del produttore. Entrare a far parte di un GAS è come iscriversi a una scuola di etica del consumo: si scelgono alimenti biologici ed ecologici, acquistati da piccoli produttori locali così riducendo l’inquinamento causato da inutili trasporti. I soci si dividono i compiti (ordini, ritiro delle merci…). Gli ordini possono essere settimanali (ver – dura), mensili o semestrali (prodotti confezionati o detersivi).
GAC
I GAC – Gruppi di Acquisto Collettivi sono un insieme di persone che, attraverso la creazione di un grosso “gruppo di acquisto”, provvedono ad effettuare i loro acquisti di beni e servizi in maniera collettiva, direttamente dai produttori o dai distributori locali, in base ad un elenco di prodotti e ad un listino predefinito, in punti stabiliti di raccolta delle richieste e distribuzione delle merci. Chi aderisce al GAC ha molteplici motivazioni, prima fra tutte è quella di ottenere prezzi più accessibili, conseguendo un significativo risparmio economico.
Prodotti Naturali
Nella quotidianità grazie ad una maggiore coscienza alimentare, i cittadini sono sempre più consapevoli del fatto che la salute dipenda in gran parte da ciò che si mangia. Dall’ortofrutticolo alle bevande, dagli allevamenti alla produzione agroindustriale, ogni settore ne è coinvolto. E qualità è il termine che più viene utilizzato nel momento in cui scegliamo e giudichiamo i nostri acquisti: tutti la vogliono, tutti la cercano. Ma non tutti sanno cos’è e come riconoscerla. Se i produttori la devono garantire attraverso genuinità e trasparenza, anche i consumatori devono rendersi attivi ricercandola nei prodotti, dal momento dell’acquisto sino al consumo finale: leggendo attentamente le etichette e informandosi sulla provenienza, seguendo le istruzioni e le modalità di conservazione, preferendo prodotti di stagione e legati al territorio. Allo scopo, aiuta il verificare la tracciabilità di un alimento, cioè la possibilità di conoscere il percorso di un prodotto alimentare “dal campo alla tavola”, in modo da risalire a tutte le fasi di lavorazione e, a monte, di coltivazione o allevamento. Individuare gli ingredienti degli alimenti che stiamo acquistando è importante: sapere quali sono le sostanze impiegate nella preparazione di un prodotto alimentare, e presenti nel prodotto finito, permette di chiarire la natura qualitativa di ciò che si porta sulle nostre tavole. E quindi ci aiuta a compiere con più consapevolezza e serietà la nostra scelta nutrizionale. Le certificazioni ufficiali, infine, aiutano ad effettuare controlli e dare maggiori certezze: garantiscono al consumatore che l’alimento che sta acquistando è stato prodotto secondo standard qualitativi di un certo livello. La certificazione, inoltre, è particolarmente utile in caso di scelta da effettuare tra prodotti apparentemente simili e quando non si conoscono direttamente i produttori.
Biologico e Biodinamico
Il termine agricoltura biologica indica un metodo di coltivazione e di allevamento che utilizza sostanze naturali, escludendo quelle di sintesi chimica come i concimi, i diserbanti, i pesticidi e gli organismi geneticamente modificati. Questa pratica “organica” prende in considerazione l’intero ecosistema agricolo, sia utilizzando la naturale fertilità del suolo sia promuovendo la biodiversità dell’ambiente in cui opera. Lo scopo è evitare impatti negativi a livello di inquinamento delle acque, terreni e aria, e coniugare la qualità e la genuinità dei prodotti con la sicurezza dei consumatori. È un vero sistema a ridotto impatto ambientale, grazie al minore consumo di energia e di acqua, al contenimento di emissione dei gas serra, alla salvaguardia delle varietà locali. Ogni intervento di coltivazione avviene sia tramite l’uso di materie prime organiche, come i fertilizzanti, derivanti da composti vegetali e minerali, sia tramite comportamenti rispettosi dei cicli naturali e dell’ecosistema: la rotazione delle colture, il rispetto della stagionalità, l’uso della lotta biologica per la difesa delle colture. Gli animali vengono allevati con tecniche che rispettano il loro benessere e nutriti con prodotti dell’agricoltura biologica. Non si usano tecniche di forzatura della crescita, dannose per l’animale e per chi li mangia, e sono proibite alcune pratiche di gestione intensiva dell’allevamento. Per la cura di eventuali malattie si utilizzano rimedi omeopatici e fitoterapici, cercando di limitare i medicinali. Possono avvalersi del Marchio biologico (da riportarsi sull’etichetta) solo i prodotti alimentari che contengono almeno il 95% di ingredienti biologici, e solo se la produzione è stata verificata da uno dei nove organismi di controllo e di certificazione delle produzioni agro-alimentari autorizzati. Il biodinamico va oltre il biologico, si fonda sulla convinzione “quasi filosofica” che il suolo e la vita soprastante siano un unico sistema. Nella pratica, oltre a condividere i principi base del biologico, per regolare l’attività produttiva, si affida al principio della vitalità del terreno, all’uso delle erbe officinali, dei compostaggi, dei preparati utilizzati in modo simile all’omeopatia, e, infine, allo studio delle fasi lunari nella gestione delle semine e dei raccolti.
Acqua Sostenibile
Non si può vivere senza bere. Bere l’acqua vuol dire anche assimilare elementi fondamentali per un corretto funzionamento dell’organismo, come i sali minerali. Ma la disponibilità di acqua non è infinita e il suo consumo a volte viene distorto da sprechi eccessivi e commercializzazioni speculative. L’obiettivo è rendere sostenibile e più consapevole l’uso di questo bene primario e prezioso: valorizzando le sue qualità fondamentali e individuando il limite dell’uso responsabile, a tutto vantaggio del bene comune. Acqua di rubinetto, acqua di sorgente, acqua minerale, acqua filtrata, purificata, dimagrante, demineralizzata, gassata, addolcita, depurata. La scelta fra svariate tipologie della bevanda più semplice e disponibile che ci sia, è diventata complicata, sfruttata da politiche di marketing e resa quasi infinita.
Risulta essere ormai noto a tutti che l’acqua del rubinetto è buona, accuratamente controllata e disponibile direttamente nelle nostre case. Viene surclassata, purtroppo, dall’acqua in bottiglia, cara per le nostre tasche e poco sostenibile per l’ambiente a causa dei rifiuti prodotti. L’utilizzo domestico, nelle scuole, nelle men – se, nelle strutture recettive, nelle ristorazioni, contribuirebbe a ridurre i consumi idrici e a valorizzare un prodotto dalle caratteristiche necessarie di salubrità e gusto. In alcune città si sta già diffondendo un progetto di centraline d’acqua potabile comunale, a libera disposizione dei cittadini. Permette la distribuzione spillata di acqua refrigerata, liscia o gasata, corretta mente controllata e purificata dal comune: i consumatori riempiono i loro contenitori ai rubinetti predi sposti, senza spreco di bottiglie e inutili costi di trasporto,
Etichetta
Essere un consumatore consapevole e praticare una spesa responsabile significa anche acquistare i prodotti rendendosi conto della natura intrinseca di ciò che si sta comprando. Le fragole esposte nel negozio, così belle e ben incartate, da dove arrivano? Dall’Argentina, dopo giorni di viaggio e trattamenti chimici, o sono quelle più naturali del contadino, coltivate a pochi chilometri da casa? Il latte che si beve ogni mattina è prodotto all’estero da mucche magari poco controllate o arriva da pascoli locali ad allevamento sostenibile? È importante imparare a riconoscere gli alimenti per poter acquistare consapevolmente sia ciò che realmente risponde alle nostre esigenze alimentari, sia per valutare il rapporto qualità/prezzo sia, ancora, per conoscere da dove provengono. Il modo per poter scegliere i prodotti più semplici e genuini è stare attenti all’etichetta, una sorta di carta d’identità del prodotto che informa il consumatore e lo mette in grado di conoscere esattamente ciò che sta acquistando. È un elemento fondamentale per la trasparenza delle informazioni al consumatore e per la responsabilizzazione degli operatori del settore. Non deve trarre in inganno l’acquirente attribuendo all’alimento proprietà che non ha, non deve utilizzare immagini o frasi pubblicitarie ingannevoli, esagerate o ambigue. Deve essere scritta in lingua italiana, in forma corretta e comprensibile per chi legge indicando ben chiaro cosa c’è nella confezione. Attraverso le indicazioni obbligatorie contenute nell’etichetta la spesa potrà essere sempre più consapevole, più razionale e, soprattutto, più sicura.
L’etichetta deve contenere delle indicazioni obbligatorie come la denominazione commerciale e gli ingredienti che compongono il prodotto, elencati in ordine decrescente di quantità o peso. Altri elementi sono la data di scadenza, il peso netto, il luogo e la ditta di produzione e, quando occorrono, le modalità di conservazione e preparazione. Le indicazioni nutrizionali riportano il contenuto di proteine, carboidrati e lipidi, il tipo di grassi o carboidrati, la presenza di fibre e di sodio, di vitamine e di sali minerali. Anche gli eventuali additivi devono far parte di un elenco di sostanze autorizzate dall’Unione Europea. Si suddividono in: conservanti, coloranti, aromi, esaltatori di sapidità, emulsionanti, addensanti e debbono essere riportati come normali ingredienti alla fine dell’elenco, perché presenti in piccole quantità. Per le uova, si tratta di indicazioni stampate direttamente sul guscio, dove il primo numero di una cifra identifica la tipologia dell’allevamento al quale le galline sono state sottoposte (0 = biologico, 1 = all’aperto, 2 = a terra, 3 = in gabbia). Lo Stato di produzione viene invece identificato con la sigla internazionale (IT per l’Italia). La terza cifra riguarda il codice ISTAT. La quarta identifica invece la Provincia del Comune di produzione. La quinta identifica il nome e il luogo ove è avvenuta la deposizione delle uova. In basso si trova la data di scadenza o la data di deposizione dell’uovo. Per gli ortaggi e la frutta le etichette sono diverse a seconda che si tratti di prodotti preconfezionati o sfusi. Possono essere etichette adesive, cartelli, anelli o fascette legate al prodotto. In tutti i casi devono indicare gli elementi obbligatori della provenienza, la varietà e la categoria di qualità, gli additivi. Per il latte, in particolare sulla produzione di latte fresco, si deve indicare la zona di mungitura (rintracciabilità) oltre quella dello stabilimento in cui è stato confezionato. Anche la carne bovina richiede indicazioni specifiche quali la specie animale, se carne fresca o congelata, il codice identificativo del capo, il paese di origine e di macellazione, il paese in cui le carni sono state sezionate e il numero di riconoscimento del laboratorio, il luogo di ingrasso dell’animale.
Segni della qualità
Il fine di un Segno della Qualità è di indicare che il prodotto sul quale è apposto abbia determinate caratteristiche qualitative oppure sia stato ottenuto seguendo procedimenti speciali. Per valorizzare e differenziare questi prodotti, l’Unione Europea ha creato dei marchi specifici a seconda che siano agricoli, alimentari, vinicoli. Nell’ambito vinicolo la sigla VQPRD indica a livello europeo il “Vino di Qualità Prodotto in Regioni Determinate”. In Italia ne fanno parte i vini DOC e DOCG.
DOCG – Denominazione di Origine Controllata e Garantita indica il particolare pregio qualitativo di alcuni vini italiani a notorietà nazionale e internazionale, già riconosciuti DOC, che soddisfano ulteriori requisiti particolari. Si tratta dell’imbottigliamento nella zona di produzione e in recipienti di capacità inferiore a 5 litri.
DOC – Denominazione di Origine Controllata è il marchio attribuito ai vini di qualità originari di zone delimitate, indicate nel nome, che rispettano specifici requisiti e sono immessi al consumo solo dopo analisi chimiche e sensoriali. La disciplina di produzione è piuttosto rigida.
DOP – Denominazione di Origine Protetta identifica un prodotto agroalimentare le cui intere fasi di produzione, elaborazione e trasformazione avvengono in un’area geografica determinata.
IGP – Indicazione Geografica Protetta viene attribuito a quei prodotti delle cui fasi di produzione, elaborazione e trasformazione, almeno una avvenga in una area geografica determinata. Il collegamento tra prodotto alimentare e territorio è quindi più blando rispetto al marchio DOP.
IGT – Indicazione Geografica Tipica racchiude quei vini da tavola tipici di zone di produzione generalmente ampie. I requisiti richiesti sono meno restrittivi di quelli previsti per i vini DOC.
STG – Specialità Tradizionale Garantita non attesta l’origine di un prodotto ma è un marchio volto semplicemente a valorizzarne la composizione tradizionale o un metodo di produzione tradizionale
Riciclo e riutilizzo
Nella nostra pattumiera lo spazio occupato da scatole, pacchi e flaconi, rappresenta addirittura il 50%. Ognuno di noi, migliorando la gestione dei rifiuti a partire dalla propria casa, può agire in prima persona per preservare le risorse a disposizione, anche a tutela della salute e delle generazioni future. Innanzitutto si possono recuperare materie prime: la maggior parte degli oggetti può essere recuperata e utilizzata per produrne di nuovi. Importante è il ruolo della raccolta differenziata, che consiste nel dividere elementi molto diversi tra di loro (per esempio la plastica dalla carta, le lattine dal vetro, il tutto dai rifiuti organici), cosicché al momento dello smaltimento finale, i rifiuti siano pronti, alcuni ad essere smaltiti, altri ad essere recuperati. Poi si può riciclare, separando correttamente le diverse tipologie di rifiuto per poter farli rientrare in nuovi processi produttivi. Infine, riutilizzare e risparmiare. Recuperare vetro, metalli, plastica, legno e carta permette di evitare l’uso di materie prime vergini: non tagliare nuovi alberi, non usare petrolio, non consumare energia. Inoltre si possono effettuare economie nello sfruttamento delle discariche: meno rifiuti interriamo e più a lungo dura la discarica. In conclusione, l’obiettivo primario di una gestione responsabile e sostenibile dei rifiuti è quello di far emergere queste strategie, diffonderne la loro buona pratica e renderle attuabili.
Il primo passo per attuare la riduzione dei rifiuti è l’acquisto sfuso: dal latte ai detersivi, si compra solo quello che é necessario, senza sprecare risorse inutili. La rivoluzione dei prodotti sfusi è nata nella nostra regione nel 2006, con la vendita dei detersivi “alla spina” nelle catene della grande distribuzione. Questo sistema di vendita permette di acquistare solo la quantità desiderata di un prodotto, senza sprechi e soprattutto senza imballaggi (plastica, polistirolo, carta, ecc.), inutili e tanto dannosi per l’ambiente. Altro vantaggio, non meno importante, è che permette di “saltare” alcuni stadi della distribuzione commerciale, con ricadute positive sul livello dei prezzi al consumatore finale. Senza le confezioni, le merci hanno costi inferiori dal 20% al 70%, quindi si risparmia molto mantenendo un ottimo livello qualitativo. Ultimamente si moltiplicano i prodotti in listino e nei supermercati si creano zone riservate, tecnologiche, futuribili. Detersivi e saponi sono già disponibili da tempo, mentre da poco possiamo acquistare anche caffè, pasta, riso, cereali, legumi, spezie e caramelle che vengono venduti sfusi in appositi distributori self-service, costruiti in materiali che garantiscono la massima igiene. Si utilizzano così contenitori (biodegradabili o riciclabili) il cui costo è stato pagato una sola volta. Il latte è l’ultimo esempio della diffusione e, nel contempo, della qualità e della convenienza di questo sistema: esiste ormai una rete capillare di erogatori, sia direttamente nelle aziende agricole produttrici, sia nei supermercati. Il risultato è certificato e garantito, e il latte costa fino al 40% in meno. Inoltre, considerando che gli Italiani in media bevono quasi 60 litri di latte all’anno, nello stesso periodo e con questo sistema, si potrebbe evitare lo smaltimento di milioni di confezioni.
Come tutti sappiamo bene, le risorse sulla terra non sono infinite e si stanno esaurendo rapidamente. In più, il problema dello smaltimento e gestione dei rifiuti diviene sempre più grave. Un modo per ovviare a questi due fenomeni, che si intersecano sul tema del rispetto dell’ambiente e della salute dell’uomo, è la prevenzione della formazione e dell’accumulo dei rifiuti attraverso il riciclaggio e il riutilizzo delle scorie. Il riuso reimmette sul mercato un bene già usato (che altrimenti finirebbe in discarica) allungandone il ciclo di vita. Inoltre diminuisce il flusso dei rifiuti destinati a smaltimento finale e riduce il consumo di materie prime per la produzione di un nuovo bene.
Il riciclaggio consiste nel recupero di materiali di scarto o di rifiuto riutilizzabili in un nuovo ciclo produttivo e avviene dopo un processo di differenziazione dei rifiuti. Ha il vantaggio di prevenire lo spreco di materiali potenzialmente utili, ridurre il consumo di materie prime e l’utilizzo di energia, con minore emissione di gas serra. I materiali biodegradabili si distrug – gono quando si trasformano in scoria. Un esempio è la bioplastica, prodotta da materie prime vegetali invece che petrolifere, settore in cui l’Italia è all’avanguardia. Le materie prime riciclabili sono quelle utilizzate per produrre nuovi oggetti uguali a quelli di scarto, come il vetro, la carta e il cartone, o per produrre nuovi materiali come il legno e i tessuti.