Quante volte vi siete alzati dal letto e guardandovi allo specchio avete notato ciuffi di capelli ribelli che si rifiutavano di obbedire ai colpi del pettine? Da decenni oramai la chimica ci ha messo a disposizione un sacco di prodotti capaci di risolvere in pochi attimi questo piccolo problema quotidiano; essi consentono agli stilisti del capello le più stravaganti pettinature, per forme e\o per colori, sia per le signore che per i ragazzi, notoriamente attentissimi a seguire le mode del momento. Ma vi siete mai chiesti letteralmente: “Cosa vi siete messi in testa???!!!”
Bene, cominciamo con il capire meglio cosa in testa abbiamo già, ovvero di che cosa sono fatti i nostri capelli, osservando questo breve elenco:
– acqua (contenuto variabile dal 10 al 30% in peso a seconda delle condizioni climatiche cui si trovano sottoposti)
– cheratina (proteina ottenuta dalla combinazione di diversi aminoacidi quali cisteina, cistina, acido glutammico, arginina, serina, glicina, tretionina, valina, leucina e isoleucina)
– grassi (quali trigliceridi, cere, colesterolo, fosfolipidi, squalene)
– minerali (zinco e rame – fondamentali per l’attivazione dei processi di crescita, magnesio – prevalente nei capelli scuri, ferro – prevalente nei capelli rossi, piombo – prevalente nei capelli castani)
– melanina (che si trova nella corteccia ed è fatta da miscele di polimeri ed enzimi in una complessa matrice proteica)
Quando si parla di forma dei capelli modificata in modo duraturo con metodi chimico-fisici si intende indicare la cosiddetta “permanente a caldo”. Nel passato questo metodo consisteva nell’impregnare il capello con sostanze
alcaline, come carbonato di sodio e solfito, quindi avvolgerli su bigodini alla temperatura di 180-200 gradi centigradi.
Successivamente si è passati alla “permanente a freddo”, attraverso un processo ossido-riduttivo che viene effettuato riorganizzando i legami trasversali a ponte disolfuro che connettono le unità di cheratina promuovendo la costituzione della struttura fibrosa del capello.
E’ possibile modificare temporaneamente in modo meno aggressivo (ma ovviamente anche meno duraturo!) la forma dei capelli con metodi fisici e calore umido. Si parla della caratteristica “messa in piega”. Gel e lacche, spray fissatori, ecc., sono correntemente usati per favorirla ed il loro impiego senza eccessi non determina in generale danni sui nostri capelli.
Un gel viene definito come un fissatore ad effetto condizionante, compatibile con la cute ed i capelli. Le lacche hanno un potere fissativo più intenso e bloccano più a lungo la pettinatura favorendo acconciature particolarmente ardite.
Andando a curiosare fra le etichette informative di molti prodotti esistenti sul mercato scopriamo che i componenti principali sono spesso identici o molto simili tra di loro; ciascuno di essi svolge un ruolo ben preciso che qui proviamo a riassumere. Premettiamo che le materie prime possono essere di origine varia: minerale, animale, vegetale o di sintesi. Attualmente la maggior parte degli ingredienti cosmetici è di origine sintetica, cioè ottenuta in laboratorio, qualcuna è ricavata dal mondo vegetale o animale e qualcosa infine è di origine minerale.
A riguardo, esistono due diverse scuole di pensiero: negli Stati Uniti si preferisce prediligere la stabilità, la gradevolezza e l’economicità del prodotto, facendo quindi uso di ingredienti perlopiù di sintesi o minerali; viceversa in Europa si tende ultimamente ad orientarsi verso un’impostazione più “naturalistica”. Ad ogni modo, per prima cosa, ritroviamo indistintamente in tutti i prodotti la presenza di alcol denaturato che ha la funzione di solvente sia per le sostanze grasse che per le sostanze organiche in genere presenti nel prodotto cosmetico. Ha anche funzione di eccipiente, cioè un componente innocuo che però protegge i principi attivi dalle aggressioni esterne (caldo, freddo, umidità, agenti chimici) e serve anche ad aumentarne il volume per facilitarne l’impiego e il dosaggio. Nei gel e nelle schiume per capelli, è molto diffuso l’impiego di eccipienti grassi vegetali come i derivati dell’olio di ricino.
Finora però ci siamo focalizzati soprattutto su quei prodotti che si spalmano. E per chi non vuole sporcarsi le mani?
Entriamo perciò nel mondo degli spray e delle lacche, dove, a fianco di gran parte delle sostanze di cui abbiamo già parlato, la fanno da padroni i propellenti necessari a nebulizzare il prodotto stesso sulle nostre teste. Tipici in questo senso sono i gas quali butano, isobutano e propano che hanno progressivamente rimpiazzato in questi anni i noti CFC (clorofluorocarburi) ritenuti, a ragione, come corresponsabili dei processi di distruzione della fascia protettiva di ozono nell’alta atmosfera.
Nelle lacche servono poi solventi molto volatili, capaci cioè di essere facilmente nebulizzati quando il propellente gassoso spinge con forza la soluzione all’esterno nella fase di spruzzo: ecco quindi che al fianco degli alcoli vengono facilmente impiegati gli eteri ed in alcuni casi si nota anche la presenza meno felice (per ciò che concerne il loro grado di tossicità) di solventi clorurati come il diclorometano.
Ovviamente, già che ci siamo, perché non aggiungere a questi prodotti, altre sostanze che possano svolgere anche una funzione rigenerante e rinforzante del capello?
Ebbene spesso si ricorre all’addizione di vitamine: molto diffusa è la vitamina B3, che nella sua forma amidica viene spesso indicata con il nome di “niacinamide”;
oppure il “pantenolo” (precursore cellulare del Coenzima A, implicato nei processi metabolici), la più diffusa provitamina utilizzata in campo cosmetico che grazie alla sua bassa viscosità può essere incorporata in moltissime formulazioni.
Proseguendo, è logico aspettarsi di far durare a lungo un tubetto di gel appoggiato sul mobiletto del nostro bagno senza che ne vengano alterati i principi attivi o che proliferino indesiderati microrganismi: per tale motivo vengono introdotti anche additivi con funzione preservante come ad esempio il butil-paraossibenzoato o il propilenglicole; quest’ultimo svolge sia una funzione antifungina che funzioni di eccipiente, plastificante e consolvente.
E quei gel particolarmente densi che non a caso alcuni chiamano ancora “gommina”? Bè, lì dentro, allo scopo proprio di addensare e di aumentarne la viscosità pur senza distruggere l’emulsione dei componenti dispersi, vengono usati derivati tipici della cellulosa quali idrossietil e idrossipropilcellulosa, che hanno pure la proprietà di potenziare l’azione fissativa.
Ed ecco allora che scopriamo come i polimeri non siano importanti solo “all’interno” dei nostri capelli (vedi le strutture proteiche di cheratina e melanina precedentemente citate) ma anche “all’esterno”, sottoforma di filmogeni, cioè agenti che conferiscono al cosmetico proprietà di consistenza e contemporaneamente di scorrevolezza.
Per l’appunto questi filmogeni sono costituenti fondamentali dei gel e delle lacche: oltre ai derivati della cellulosa sono usatissimi polimeri vinilici. In particolare ve n’è uno che sin dagli anni ’50 ha svolto (e svolge tuttora) un ruolo di primo attore nel contribuire al nostro look: il polivinilpirrolidone (PVP), ottenuto dalla polimerizzazione radicalica vinilica del vinilpirrolidone.
Questo polimero rappresentava l’ingrediente principale delle prime lacche per capelli nate ormai più di mezzo secolo fa; una volta spruzzato il PVP forma un sottile e rigido strato sui capelli, impedendogli così di scompigliarsi.
Esso è inoltre facilmente solubile in acqua e questo significa che può essere asportato semplicemente lavandosi i capelli.
Questi due polimeri vanno così a generare due fasi distinte una volta distribuiti sulla superficie del capello. Il silicone crea uno strato protettivo esterno che ripara il polivinilpirrolidone dall’azione dell’acqua: in questo modo l’effetto filmogeno non viene perso e i capelli mantengono al contempo un aspetto decisamente più “naturale” [Fig.7].Una così marcata affinità per l’acqua porta però anche a conseguenze non volute quali il fatto che l’assorbimento di acqua prosegue anche durante la sua permanenza sul capello, generando il classico e noto “effetto bagnato” che una volta andava molto più di moda rispetto agli ultimi anni.
Ecco perché il PVP è stato recentemente affiancato dal contemporaneo uso di un polimero siliconico, noto con il termine di polidimetilsilossano.
Quando infine si vuole favorire l’ottenimento di prodotti facilmente distribuibili sottoforma di schiume si preferisce utilizzare un altro derivato siliconico a sé stante oppure ancora in accoppiata con il PVP: si tratta di un copolimero (denominato in inglese dimethicone copolyol) ottenuto dall’unione di un polisilossano e un polietere.
Grazie proprio alla componente eterea idrofila esso permette di migliorare la solubilità in acqua o in ambiente alcolico. Un ulteriore suo pregio è anche quello di conferire una particolare lucentezza ai capelli. Insomma, possiamo concludere dicendo che ad avere sempre i polimeri tra i propri pensieri non sono certo soltanto gli esperti del settore, ma che invece, da un certo punto di vista, gran parte delle persone se li mette continuamente in testa… tutte le mattine.