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Risulta essere ritenuto da tutti il primo prodotto alimentare della storia.
Ve ne sono tracce risalenti a 8000 anni fa e provenienti dall’Asia sud occidentale.
Attualmente nel mondo se ne producono più di 2000 tipi diversi e l’Italia non sfigura in questo campo per la ricchezza e bontà della sua produzione.
Il formaggio è prodotto con latte, caglio e sale.
Tutte le proprietà positive del latte passano in questo alimento, per cui le qualità di produzione e conservazione risultano fondamentali.
Per la produzione del formaggio, il latte deve essere noto in tutti i suoi aspetti, quello chimico per l’acidità, la caseina e il grasso, e quelli relativi ai vari trattamenti cui è stato sottoposto e che influenzano le dimensioni della micella caseinica, e quindi il tempo di coagulazione, insieme alla consistenza e all’elasticità della cagliata.
Per ridurre al minimo gli scarti di lavorazione è indispensabile la pastorizzazione del latte.
Le tecniche di produzione
La materia prima per fare il formaggio è naturalmente il latte. A seconda dell’animale che l’ha prodotto: mucca, pecora, capra, bufala, si ottengono i formaggi caprini, vaccini, pecorini.
Altre differenze vengono poi evidenziate dalla lavorazione (a pasta molle e a pasta dura), dalla stagionatura, dalla tecnologia utilizzata (crudi cioè senza cottura della cagliata, semicrudi e cotti), dal tenore di grasso (semigrassi e grassi), dal luogo di produzione (formaggi di denominazione protetta: d.o.p., come per i vini d.o.c., e d.o.c.g.).
Molto sinteticamente, per ottenere il formaggio, il latte deve essere acidificato con l’aggiunta di innesto o coltura starter. Si usa il latte-innesto, il siero-innesto, il siero fermento e il latte-fermento.
Per la coagulazione si fa ricorso al caglio (nell’America Centrale e Meridionale, Grecia, Egitto, India, Himalaia, Caucaso e Balcani si fa ricorso alla coagulazione acida che dà formaggi acidi o bianchi, usando latte intero di vacca, capra e bufala, come sistema per preservarne il valore alimentare) che è un prodotto enzimatico grezzo ricavato dall’abomaso dei ruminanti lattanti (vitelli: caglio liquido, agnelli: caglio in pasta).
Dato il difficile reperimento sul mercato di caglio si è passato all’uso dei succedanei: pepsina, estratta dallo stomaco del maiale o cagli microbici (fungini).
Il tempo di coagulazione e l’acidità del latte hanno un ruolo fondamentale nella produzione dei formaggi. Per quelli a pasta molle e a maturazione rapida il coagulo deve essere dolce, ben consistente, molto elastico; nel caso di formaggio a pasta dura invece vale l’esatto contrario.
Per la rottura della cagliata, che viene fatta anch’essa in funzione del tipo di formaggio, in pezzi piccolissimi come chicchi di riso, o come piselli, o come noci, si seguono gli stessi criteri in vista del tipo di formaggio cui si sta lavorando; lo spurgo che ne consegue prepara la pasta da immettere nelle forme.
Formatura
Varia a seconda dei tipi e viene fatta in canestri, in fiscelle di giunco, ormai raro, in forme di plastica o di alluminio forellate per le pezzature piccole di massimo 3-4 kg. Per le forme superiori si usano delle fascere in legno allargabili, di forma cilindrica senza i fondi.
Stufatura
I formaggi a pasta molle da mangiare subito vengono trattenuti in una stanza calda e umida 5 o 6 ore se sono cremosi o poco di più per gli altri.
Nei formaggi semicotti, per far uscire ulteriore liquido, si esercita una pressione prolungata a seconda della grandezza delle forme.
Per produrre formaggi a pasta filata, la cagliata appena solidifica viene avvolta in telo e stesa sul tavolo. Dopo un paio d’ore si lava con acqua quasi bollente e la pasta «fila». Quindi si taglia nelle forme e pesi desiderati.
Salatura
Per conferire maggior gusto al formaggio, per favorire la formazione della crosta, per regolare il tenore di acqua e lattosio, selezionare la flora e inibire muffe, batteri nemici e favorire quelli utili come i penicilli si esegue la salatura.
Può essere eseguita a secco, come in passato anche se per la difficoltà a praticarla (richiede un’esperta manualità e superficie del laboratorio più grande) si preferisce ormai quella umida, che consente inoltre più facilmente il controllo della percentuale di sale.
La stagionatura
È l’ultima fase del processo, alla fine della quale la pasta solidificata ottenuta dal latte di partenza diventa formaggio.
A seconda del tipo di formaggio la stagionatura può durare da qualche giorno a oltre un anno. L’atmosfera di queste stanze, chiamate casere, è controllata: gradi di umidità, di temperatura, ventilazione costante.
Prima di essere vendute, al termine della stagionatura, le forme subiscono un trattamento finale, chiamato cappatura, per dar loro un rivestimento. Una volta si usava argilla e cenere mescolata con olio, oggi si tende a usare paraffina, cera, olio di lino, e soprattutto materiale plastico per i formaggi freschi.
Le invenzioni dell’industria
Le sottilette, i formaggi spalmabili, i formaggini sono le «invenzioni» cui ricorre l’industria per un riciclaggio tanto opportuno per i produttori quanto malsano per i consumatori. Finiscono nella caldaia formaggi ai limiti dell’alterazione o residui invenduti, forme attaccate da parassiti e muffe, formaggi di qualità differente, acqua e polifosfati e citrato sodico o potassico, e sostanze agglutinanti a base di fosforo. Il fosforo è indispensabile per l’uomo, ma dato che l’organismo si libera da quello in eccesso espellendo un composto chimico (fosfato di calcio) che contiene anche calcio, c’è il pericolo che ingerendo una quantità eccessiva di fosforo si riduca l’assorbimento di calcio.
Tutto il contrario di quello che si vuol fare mangiando formaggio, che è ricco di proteine, grassi e sali minerali come fosforo e calcio, necessario per la formazione e il mantenimento delle ossa e dei denti.
Questi formaggini fusi, molto reclamizzati e presentati come tanto innocui, devono dunque essere aboliti e
sostituiti con i molti formaggi freschi e molli presenti sul mercato. Il discorso vale ancor di più per i bambini e gli anziani. Additivi a base di fosforo inoltre, ed è anche per questo che bisogna evitarli il più possibile, sono presenti in altri alimenti, come i budini, gli insaccati cotti, le cole. Anche i light, fiocchi di latte, formaggi leggeri spalmabili sono una invenzione per convincere i consumatori a spendere di più per avere di meno. Sono formaggi legati•alla moda della dieta. A forza di insistere sulla necessità di mangiare magro, di presentare i vantaggi tutti estetici della linea e della magrezza, viene creata artificialmente la domanda di questi prodotti.
Anche in questo caso si tratta di prodotti che risolvono l’utilizzo di materiale di scarto o sottoprodotti (non disprezzabili) di altre lavorazioni. Nel caso dei formaggi fusi, infatti, si ricicla quello andato a male, mentre per la ricotta si riutilizza il siero riscaldandolo a 80-95°C con l’aggiunta di siero acido. Il nome stesso spiega la lavorazione: cotta due volte: ricotta.
Non avrei niente contro i vari Yocca, Dover, Philadelphia se venissero presentati per quello che sono: formaggi con alto tenore di acqua, di poco inferiore a quello presente nel latte, meno nutrienti, squilibrati rispetto al formaggio (poveri di proteine, con più acqua e meno grasso) e sicuramente poco nutrienti.
Se per trasportarli in giro per l’Europa, sono anche stati pastorizzati, quel che rimane di buono è ancora meno.
Inoltre non per tutti la percentuale di grasso è ridotta; il Philadelphia ad Preferite dunque quelli che costano esempio è al 28% contro il 22% di di più, sacrificando magari la quantità.
Come scegliere il formaggio
Scegliere il formaggio per il pranzo e la cena non è facile. L’offerta è vasta e non sempre si conoscono le caratteristiche di tutti, i sapori, le qualità. Come orientarsi?
Una qualità da considerare nella scelta è la consistenza, che varia molto e può spaziare dalla crescenza, molle e cruda, al fiordilatte (chiamato impropriamente mozzarella e dichiarato leggero dalla pubblicità menzognera), molle e filato, al grana cotto e duro.
Un’altra qualità da tenere d’occhio è il tenore dei grassi. Considerato che non esistono formaggi magri in assoluto„ neanche la tanto strombazzata mozzarella, una distinzione si può fare per quelli che contengono dal 20 al 40% di grasso e quelli che superano questa percentuale.
In media, comunque, i formaggi italiani più diffusi contengono dal 20 al 30% di grasso sul residuo secco. Non c’è nessuna necessità di acquistare formaggi stranieri, se si è alla ricerca della qualità. Quelli italiani non hanno niente da invidiare a quelli tedeschi o francesi. Anzi, alcuni dei nostri si sono talmente imposti da venire copiati all’estero.
Un’ulteriore garanzia di qualità e di controllo sui criteri della produzione è data dai formaggi D.O.P. a denominazione di origine protetta.
Le qualità del formaggio
È diffusa la consuetudine di finire il pranzo con il formaggio. Potrebbe essere una buona abitudine, se ci si limitasse a un pezzettino.
Pensate infatti che 100 gr di formaggio costituiscono un secondo molto ricco da accompagnare con contorno di verdure, oppure, se servito con pasta e riso come piatto unico. Ricordate che il formaggio contiene inoltre una notevole quantità di proteine di origine animale. Ha quindi un alto valore nutritivo. 100 gr di carne e 100 gr di formaggio hanno più o meno lo stesso contenuto proteico.
Il formaggio è prezioso anche per l’alto contenuto di sali minerali, soprattutto calcio e fosforo, che fanno bene per le ossa. È indispensabile allora fino ai 25 anni e per le donne in gravidanza. Ma è utile anche oltre per combattere l’osteoporosi e altri disturbi legati alla mancanza di calcio.
Alcune vitamine presenti nel latte si perdono durante la lavorazione. In compenso i batteri preposti alla maturazione ne producono di nuove, appartenenti al gruppo B, inesistenti nel latte. Queste vitamine svolgono anch’esse un ruolo fondamentale nella protezione del sistema nervoso e nell’assorbimento di proteine e zucchero.
Coloro che non digeriscono il latte, possono ovviare con il formaggio, di per sé alimento molto digeribile, preferendo il parmigiano, il groviera, la fontina, il provolone che hanno un buon rapporto tra calcio e lipidi.
Maturazione e conservazione dei formaggi
Abbiamo visto che dopo la formatura e la collocazione in loco per la maturazione o la conservazione, il formaggio continua a evolvere il gusto e la consistenza.
Queste operazioni svolte in modo tradizionale hanno tempi e ritmi lunghi, con scarto del prodotto andato a male per errori di lavorazione, contaminazioni esterne (mosca – Piophila casei – che si debella con acido cianidrico o gli acari del formaggio che vengono trattati per 48 ore con gas-etere dicloroetilico in 2m1/m’), scarsa igiene del caseificio.
Maturazione nella plastica
Per prendere i classici due piccioni con una fava la ricerca alimentare sta sperimentando la possibilità di maturare direttamente nell’imballaggio finale alcuni formaggi, tra cui il grana.
Dopo 60 giorni dalla fabbricazione, sottovuoto, in sacchi di cryovac il formaggio grana è stato sperimentalmente conservato per un anno. Con quali risultati: percentuale maggiore di umidità, perdita di peso inferiore, perfetta asciugatura in crosta, struttura della pasta più morbida.
Usando il film plastico, inoltre, si eliminano i trattamenti della superficie (pulitura, oliatura, controlli), i costi della maturazione, delle spese di pulizia con perdita di materia prima dovuta alla spazzolatura. In parole povere, una volta imballato il formaggio può venire abbandonato a se stesso e tirato fuori, anzi nemmeno, può essere venduto così come sta.
Un’altra prova è stata fatta con un formaggio in cui la crosta non fosse un fattore determinante ai fini del raggiungimento delle qualità chimiche, merceologiche e organolettiche tipiche del prodotto maturato tradizionalmente: la caciotta.
Sempre sottovuoto con sacchetti di cryovac chiusi con graffetta metallica e immersi a 75°C per 2 secondi per far aderire bene la plastica il formaggio è stato sigillato tre giorni dopo l’uscita dalla salamoia.
Dopo 30-45 giorni di conservazione l’analisi ha confermato una maturazione normale. Rispetto alla pasta asciutta e le muffe delle caciotte tradizionali a causa della perdita maggiore di umidità, nonché la durezza della crosta, quelle sperimentate non avevano né muffa, né crosta.
Per formaggi senza denominazione che non sono vincolati al colore e allo spessore della crosta o a particolari requisiti dell’aspetto esterno, potrebbe essere una soluzione vantaggiosa.
Conservazione del gorgonzola
Tradizionalmente il gorgonzola per la vendita da banco viene tagliato trasversalmente in due parti e avvolto in due fogli di alluminio. Per il dettaglio si usano vaschette
termoformate con coperchio trasparente.
Ma dopo 15-20 giorni il formaggio diventa giallastro e deperisce inesorabilmente per troppe muffe ed eccessiva fluidificazione.
Per limitare questa deperibilità, la ricerca ha sperimentato un sistema di conservazione in porzioni basato sull’impiego di atmosfera modificata, sostituendo l’aria all’interno della confezione con il 100% di azoto.